"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

mercoledì 5 agosto 2009

UN FREDDO PUNGENTE



Il clima rigido dell’Artico si spiega con il debole irraggiamento solare di questa parte del nostro pianeta: il sole non sale mai abbastanza alto nel cielo per scaldare l’atmosfera. Nell’Artico si alternano due stagioni principali: l’inverno e l’estate, di durata diversa. L’inverno è caratterizzato da giornate brevi e notti lunghissime con temperature glaciali (mediamente –25°C) e dura sei mesi circa. Durante i tre mesi estivi, invece, le notti sono brevi e le giornate sono lunghe e luminose, anche se le temperature raramente superano i 10°C. Fra queste due stagioni, la primavera e l’autunno durano soltanto poche settimane.


Il clima delle regioni polari è inoltre molto asciutto. L’acqua di mare salata, che gela a –1.8°C, non evapora. In assenza di umidità, le nuvole nel cielo sono rare e le precipitazioni (neve o pioggia) sono scarse. Nel Grande Nord cadono meno di 250 mm di acqua ogni anno: un paradossale somiglianza con il deserto del Sahara! Proprio per via di queste particolari condizioni climatiche, nel corso di milioni di anni si sono formati i ghiacciai, costituiti da strati di neve accumulatisi su uno spessore di varie centinaia di metri.


Date le difficili temperature il clima dell’Artico è difficile da sopportare. Tempeste, vento, neve e nebbia sono sempre in agguato. Ripararsi dal freddo è dunque una questione di sopravvivenza per gli Inuit.

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