"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 6 marzo 2008

PAGAIANDO TRA I BANCHI DI GHIACCIO

“Il ghiaccio invernale era appena stato portato verso il largo, e grossi blocchi di banchisa avevano invaso il fiordo, come succedeva sempre in primavera. Appena di formavano aperture nel ghiaccio uscivamo in kayak. Un giorno uscimmo in due o tre per andare a caccia, poiché il tratto di mare sgombro era un poco aumentato; il tempo era splendido e le alte montagne si specchiavano nell’acqua. Presi una foca quasi subito e mi diressi verso casa perché c’era troppa banchisa. Sulla via del ritorno incontrai due cacciatori in kayak, Auvartik e un altro. Ci avviammo verso casa e il viaggio filò abbastanza liscio fino a quando giungemmo a un varco tra due grossi banchi di ghiaccio. Il passaggio era molto stretto. Il terzo cacciatore ci precedeva di un bel po’; io ero in mezzo e cominciai a forzare l’apertura. Probabilmente la corrente cambiò, perché i blocchi cominciarono ad avvicinarsi l’uno all’altro molto velocemente. I fianchi erano alti e ripidi: mi era impossibile smontare dal kayak ed ero arrivato esattamente a metà. Chiamai il cacciatore che mi precedeva e lo vidi voltarsi verso di me. Ma proseguì in fretta per non rimanere schiacciato tra i ghiacci; io non avevo nessuna possibilità di uscire dal kayak. In un attimo rimasi schiacciato tra i banchi e il mio kayak andò completamente distrutto. Poiché anche le mie gambe furono stritolate, non riuscii a trattenermi e gridai per il gran dolore. Poi, però, i banchi si fermarono. Non sapevo in che condizioni fossero le mie gambe, ma alla fine riuscii a trascinarmi fuori dal mio kayak, e allora mi resi conto che erano completamente inutilizzabili. Mi misi a strisciare con la sola forza della braccia. Fatto strano, non persi conoscenza. Mi trascinai sul banco di ghiaccio e mi distesi. I banchi si scostarono di nuovo, ma c’erano ancora molti blocchi galleggianti. Ci volle un po’ prima che apparisse un tratto di mare completamente sgombro… Meno male che apparve Auvartik. Quando i banchi avevano cominciato ad avvicinarsi si era fermato – era l’ultimo della fila – e aveva aspettato. Il primo kayak, che era uscito a passare all’ultimo momento, aveva fatto il giro dei banchi di ghiaccio e aveva raggiunto l’ultimo dicendogli: ‘il nostro terzo uomo è rimasto schiacciato tra i banchi di ghiaccio e probabilmente è stato inghiottito dal mare’. Allora era salito sul banco di ghiaccio per rendersi conto della situazione. Non si aspettava di trovarmi, ma aveva una debole speranza di riuscire a recuperare la mia foca o qualcuno dei miei attrezzi, o di vedere se il mio kayak era tornato a galla. Lo era, ma in mille pezzi. Provai a usare le gambe, e andò abbastanza bene. Legammo insieme i kayak, e mi portarono fino a casa. Dovetti aspettare un intero mese prima che le mie gambe guarissero completamente. Solo molto tempo dopo mi feci un nuovo kayak e ricominciai a cacciare.”

Tratto dal libro IL MIO PASSATO ESCHIMESE di Georg Qupersiman.

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